La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 24180 pubblicata il 25 ottobre 2013, interviene nel merito di un ricorso avanzato da un lavoratore contro il proprio ex-datore di lavoro per il riconoscimento di un danno da usura psico-fisica, dovuto al fatto che questi veniva fatto lavorare spesso per sette giorni consecutivi senza riposi, nonché dei termini di prescrizione legati al caso.
La Suprema Corte ha evidenziato innanzitutto una differenza tra i possibili danni riconoscibili: da una parte il mero danno da usura psico-fisica, che va solamente accertato nel “quantum”, d’altra parte la lesione alla salute del lavoratore, che invece richiede prove rigorose sia dell’esistenza che del nesso causale con l’attività lavorativa. Sui termini di prescrizione, infine, i giudici hanno affermato la prescrizione quinquennale, qualora sussistano norme ad hoc che prevedono delle compensazioni economiche per l’attività lavorativa svolta di seguito senza riposo, ovvero decennale se non sono previste tali compensazioni.
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