La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 41162 pubblicata il 7 ottobre 2013, ha assolto dal reato di truffa l’imprenditore che, pur avendo indicato falsamente in busta paga degli importi a titolo di indennità di malattia e assegni familiari, non ha proceduto a versarli alla dipendente né li ha posti a conguaglio con quanto doveva versare all’INPS.
La Suprema Corte ha ritenuto che l’azione del datore di lavoro costituisca senz’altro inadempimento contrattuale verso il lavoratore, ma non sia assimilabile al reato di truffa o appropriazione indebita: il datore, infatti, pur non corrispondendo al dipendente una somma di denaro dovuta, in nessun modo si appropria indebitamente di beni del dipendente, in quanto non porta a conguaglio tali somme facendo figurare di averle erogate al lavoratore.





