La Corte di Cassazione ha affermato la liceità del licenziamento posto in atto dall’azienda contro il dipendente che passa ore al personal computer a giocare anziché a lavorare, asserendo che le motivazioni addotte dall’azienda, pur non riportando nel dettaglio tutte le sessioni di gioco incriminate, sono sufficienti a consentire al lavoratore di preparare la sua difesa.
Nella Sentenza n. 25069 del 7 novembre 2013, la Suprema Corte, ribaltando il giudizio di secondo grado, ha ritenuto possibile il licenziamento del lavoratore in questione, e questi non può nemmeno contestare la violazione dell’articolo 4 della Legge n. 300/1970, in quanto, precisa la Corte, il controllo del computer aziendale non configura un controllo a distanza proprio perché potrebbe essere consentito dal diretto interessato.





