Qualora un lavoratore nell’esercizio della sua attività lavorativa corrente sia necessitato di usare l’ascensore da un piano all’altro, è legittimo l’adeguamento in aumento della tariffa Inail, non essendo il predetto impianto di sollevamento semplicemente riconducibile alla struttura dell’edificio.
Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza 5 febbraio 2015, n. 2136, accogliendo il ricorso dell’Inail.
La Corte d’Appello confermava la decisione con cui il Tribunale aveva accolto la domanda proposta da una ditta di commercio tessuti, volta al recupero delle somme versate all’INAIL a seguito della riclassificazione ed applicazione di una nuova tariffa per la determinazione del premio assicurativo con riferimento al magazzino di cui la Società disponeva per l’esercizio della sua attività, dapprima considerato privo e poi invece munito di attrezzature meccaniche e tecniche.
La decisione discende dall’aver la Corte territoriale aderito alla valutazione operata dal Tribunale per la quale difetterebbe nella specie il presupposto per l’applicazione della diversa tariffa considerata dall’Istituto, atteso che, ai sensi della disciplina posta dal d.P.R. 30.6.1965, n. 1124 e specificata nei successivi decreti ministeriali, non sarebbero qualificabili come attrezzature meccaniche gli ascensori destinati al sollevamento di merci o persone, da ritenersi invece come parti strutturali dell’edificio.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INAIL.
In effetti – ha esordito la suprema Corte – la Corte territoriale, nel procedere ad una interpretazione riduttiva delle norme in materia, per la quale sarebbero da considerarsi attrezzature meccaniche solo quelle che assumono un valore caratterizzante in relazione all’attività produttiva svolta, interpretazione giustificata in motivazione in base al rilievo per cui gli ascensori identificherebbero non macchine destinate allo sviluppo dell’attività ma mere parti strutturali dell’edificio, non tiene conto dell’ampia nozione di rischio infortunistico che il Collegio ha inteso qui ribadire.
Tale nozione vale a ricomprendere non solo l’eventualità dell’evento di esclusiva derivazione eziologica materiale dalla lavorazione specifica espletata dall’assicurato, ma altresì di ogni accadimento infortunistico che all’occasione di lavoro sia ascrivibile in concreto, pur se astrattamente possibile in danno di ogni comune soggetto, in quanto configurabile anche al di fuori dell’attività lavorativa tutelata ed afferente ai normali rischi della vita quotidiana privata, giustificandosi a questa stregua i precedenti, in base ai quali sussiste l’obbligo dell’assicurazione antinfortunistica nei confronti dei commessi addetti alla vendita in un grande magazzino i quali, per il trasferimento delle merci dai locali di deposito o confezionamento ai banchi di vendita e viceversa, debbano servirsi di ascensori, scale mobili, montacarichi ed elevatori.
Il ricorso è stato quindi accolto con la cassazione della sentenza impugnata.
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